Talento o merito? Nel libro di Valditara la fiducia nei ragazzi

Presentato a Milano “La scuola dei talenti

Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e giurista, ha presentato ieri a Milano il suo ultimo libro “ La scuola dei talenti, nell’affollatissimo spazio Galdus. A introdurre la serata Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, che ha ringraziato scherzosamente Valditara per aver dato tante occasioni di notizia ai giornalisti, e ha ricordato la sua pessima carriera liceale, ma anche la severa punizione paterna quando non era stato ammesso all’esame di maturità.

Valditara ha subito ricordato la differenza tra talento e merito: “ Si rischia di credere che pensando al merito dello studente si faccia riferimento a risultati di eccellenza assoluta, che solo pochissimi sono in grado di raggiungere. E questa è probabilmente anche la visione che aveva Giovanni Gentile, una visione che risentiva dell’influenza hegeliana, lo Stato al Centro e al suo servizio la persona ” e ha citato La Pira che individuava la differenza tra totalitarismo e democrazia nell’inversione di questo principio.

La mia idea di scuola è proprio quella che mette lo studente al centro. Quindi merito è il meglio che ciascuno può offrire con l’impegno, impegno che diventa fondamentale quanto lo è la capacità di valorizzare quelle capacità e quei talenti che ogni giovane ha in sé. Il compito della suola è saper individuare e valorizzare quelle abilità ”.

E ha citato l’esperienza e l’esempio di una scuola che gli aveva presentato giovani che avevano alle spalle bocciature e condanne penali: “ Quei ragazzi probabilmente non avevano il bernoccolo della matematica o il talento dell’italiano, ma messi di fronte a un motore di una moto erano tecnici meravigliosi e lì imparavano anche le regole della matematica e della fisica. Quei ragazzi si erano riscattati e trovano un lavoro nel 90% dei casi ”.

Per Emanuele Boffi, Direttore di Tempi, la scuola di Valditara è quella che riconosce che ogni ragazzo ha un talento e questo emerge dal libro: “Il talento è qualcosa che uno si ritrova dentro e la scuola lo deve far fiorire”. Massimiliano Tonarini, Presidente di Cdo Opere Educative, ha detto che “Emerge un’idea di scuola che è un po’ di più di quanto ci aspettiamo, e il ministro parla addirittura di aprirla agli adulti” e ha citato l’esempio di una scuola che ha organizzato per un alunno disabile un corso di “calcio seduto” che ha avuto un grande successo e quello “ È diventato un luogo in cui tutte le differenze sono vinte ”.  

Loredana Perla, Direttrice del Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione Università degli Studi di Bari Aldo Moro ha detto che “ In questo testo c’è una visione e non capita tutti i giorni che un ministro metta nero su bianco una visione. Ma la stagione dei decreti delegati che ha aperto la scuola alla famiglia nella scuola non ha saputo dare tutte le opportunità. Ciò che non va al cuore della relazione è l’incapacità di capire che questa relazione si basa su un rapporto asimmetrico: il maestro va seguito e di lui ci si deve fidare e c’è un periodo in cui lo studente deve stare in un rapporto di subordinazione ”. La parola è passata poi a Mario Rusconi, Preside del Liceo Scientifico Pio IX Aventino di Roma ha ricordato l’istituzione della figura dello psicologo scolastico e delle sanzioni alternative, importantissime per la formazione scolastica “ Ma all’inizio erano seguite artigianalmente, mentre Valditara la ha rese davvero possibili ”.

Da ultimo, Valditara, a margine della serata, ha detto che “ Credo che domani approveremo una norma contro i diplomifici. Noi siamo per la scuola paritaria – ha ribadito Valditara – ma preferisco chiamarle ‘scuole statali’ e ‘ scuole paritarie ’, perché sono tutte scuole pubbliche ” e ha ricordato di aver “ ottenuto che i fondi Pnrr venissero distribuiti anche alle scuole paritarie e così faremo ”.

Fonte: Achille Colombo Clerici pres. di Assoedilizia

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REDISTRUBUZIONE DELLA RICCHEZZA – IL PROCESSO FOTOGRAFATO DAL’ISTAT

“Lievi segnali di ottimismo dalle famiglie italiane meno abbienti” 

ASSOEDILIZIA INFORMA

di Achille Colombo Clerici    

                                     

Soffia una brezza di ottimismo sulle famiglie italiane meno abbienti. Lo evidenziano i dati pubblicati dall’ Istat-Istituto nazionale di statistica, ente pubblico. Nel complesso, le modifiche al sistema di tasse e benefici introdotte nel corso del 2023 aumentano in lieve misura l’ equità della distribuzione dei redditi disponibili. La diseguaglianza, valutata attraverso l’ indice di Gini, passa dal 31,9% al 31,7% del 2022; più marcato è l’effetto sul rischio di povertà che diminuisce di oltre un punto percentuale, dal 20% al 18,8%.

Non solo: la forbice Nord-Sud si è, una volta tanto, ridotta. Nel complesso, l’ effetto redistributivo dei trasferimenti e del prelievo è significativamente più importante nel Mezzogiorno, dove si rileva una riduzione della diseguaglianza nel passaggio dal reddito primario al reddito disponibile di 16,9 punti percentuali ( 15,2 al Nord e 14,2 al Centro ).

Analizzando.  La quasi totalità delle famiglie che percepisce l’ assegno unico e universale per i figli a carico ( 92,3% ) ottiene dalle modifiche entrate in vigore nel 2023 un aumento medio, rispetto al 2022, di 719 euro annui, e  dal punto di vista distributivo, i benefici maggiori sono delle famiglie più povere.  Ma ci sono anche famiglie che hanno visto il proprio reddito peggiorare. Quelle che subiscono una diminuzione o un annullamento del Reddito/Pensione di Cittadinanza rispetto al 2022 sono circa un milione: per esse la perdita ammonta in media a 1.663 euro ( pari a circa 138 euro mensili ) e riguarda quasi esclusivamente le famiglie che si collocano nel quinto più povero della distribuzione dei redditi.

Nel complesso l’ esonero parziale dei contributi previdenziali in vigore nel 2023 comporta un miglioramento dei redditi disponibili per circa 11 milioni di famiglie ( 43% delle famiglie residenti in Italia ), che in media percepiscono un beneficio, valutato al netto delle interazioni fiscali, di 537 euro più alto di quello ricevuto nel 2022 grazie all’ esonero contributivo in vigore quell’ anno. Le famiglie che traggono il maggior guadagno in valore assoluto sono quelle dei quinti centrali di reddito ( 569 euro per il terzo quinto e 630 per il quarto ) che percepiscono anche la quota maggioritaria del guadagno totale.

“Verso una Ever Closer Union tra popoli europei? Riflessioni sul futuro dell’Unione in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo.”Convegno alla UNIMI Università degli studi di Milano

Elezioni, l’ occasione per fare davvero l’ Europa unita. Superando il dogma dell’ unanimità e accelerando sulla cooperazione tra gli Stati

Al convegno della Statale di Milano i nodi irrisolti che chiudono l’ uscita dalle crisi

di Saverio Fossati

Difesa, fiscalità e diritti umani comuni e forti: dall’ Università Statale di Milano il messaggio ai partiti che si presentano alle elezioni europee è chiaro e forte, perché non si perda l’ occasione dei prossimi anni per una svolta cruciale del continente. Questo il senso del convegno “ Verso una Ever Closer Union tra popoli europei? Riflettendo sul futuro dell’ Unione in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo ” svoltosi il 22 marzo alla sala di rappresentanza dell’ateneo milanese.

Dopo i saluti del prorettore Lorenza Violini, professoressa ordinaria di Diritto Costituzionale alla Statale, Marilisa D’ Amico, prorettrice con delega a Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti dell’ Università degli Studi di Milano, che ha introdotto e coordinato l’ incontro, ha ricordato che questa iniziativa è stata condivisa con il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici: “ Assoedilizia – ha detto D’ Amico –  è stata sempre molto vicina alla Statale e la sua vicinanza al dibattito pubblico ha consentito questa e altre  iniziative. In questo convegno ci interessava fare il punto in modo concreto sullo stato dell’ Unione Europea, anche in occasione del primo centenario della Statale ”. D’ Amico ha poi presentato il Corso di diritto immobiliare organizzato in collaborazione con Assoedilizia ( Bando corsi di perfezionamento con inizio aprile a.a. 2023-24 ( unimi.it ).

La prima a intervenire è stata Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale di Milano: “ Sono contenta che questi dibattiti sull’ Europa si svolgano nella nostra città, perché la società civile e non solo i Governi devono discuterne, in prospettiva delle elezioni europee. I fronti preoccupanti sono la crescita dei nazionalismi e le guerre. Ma questi confronti ci rendono più consapevoli ”.

La parola è poi tornata a Marilisa D’Amico: “ Per una costituzionalista parlare di Europa equivale a parlare dell’ idea di un successo di integrazione ma ci sono punti importanti da sottolineare: la Carta dei diritti dell’Unione europea e il processo di una Costituzione europea, interrotto per il voto negativo di Francia e Olanda. Da quel momento l’attenzione si è spostata sui giudici delle Corti nazionali e internazionali, che avevano cominciato a tessere una rete di principi e di dialogo tra Corti stesse, e anche di aspetti processuali importanti, dalle coppie omosessuali alla fecondazione assistita, per i quali i cittadini si rivolgono alle Corti sovranazionali ottenendo princìpi nuovi. Poi ci sono stati, negli ultimi anni, eventi come la quotidiana tragedia di negare i diritti ai migranti, di affrontare il tema di chi muore in mare e dell’identità di chi scompare. Sono aspetti che hanno significato dei simboli per la rottura dell’ idea di un’ Europa in progress, anche rispetto alla Brexit e alla pandemia, cui è stato risposto con il Pnrr. Ma ci sono Corti che cominciano a disallinearsi, come in Polonia sull’ aborto e in Ungheria. Se pensiamo ai diritti delle donne, l’ Europa è sempre stato il nostro faro ma se poi in Polonia si prendono strade diverse, il quadro comincia ad avere qualche ombra ”.

La questione della fiscalità è stata affrontata da Giuseppe Marino, professore ordinario di Diritto tributario dell’ Università degli Studi di Milano, che si è dedicato a “ La politica fiscale europea, andare verso una guida comune ”. Le cose non stano particolarmente sul fronte tributario, ha esordito Marino: “ Potete comprendere da voi le tensioni sulla finanza pubblica europea: ci sono molti attriti già sugli eurobond, la prima sperimentazione di un debito pubblico europeo per finanziare opere pubbliche europee. Il processo decisionale parte da una situazione che non vede l’ applicazione del principio “ no taxation without representation ”, anzi è capovolto: il Parlamento non ha alcun potere di natura tributaria, mentre la costruzione della politica fiscale europeea è governata dallo slogan ”taxation withit representation ”, perché il potere è affidato all’esecutivo e ogni  direttiva il materia tributaria passa dal Consiglio europeo, l’ espressione dei Governi dei Paesi che compongono l’ Ue. Non solo: i Governi ( art, 113 e 115 trattato ) non possono deliberare che all’ unanimità nel Consiglio. Le differenze fanno sì che questo sia un grande limite alla determinazione della politica fiscale europea. È nell’ arco degli ultimi anni che sono emersi questi limiti, nel mondo digitale e delle multinazionali gli Stati non riescono a reagire rapidamente e nello stesso modo ”. L’ esempio più clamoroso è stata la crisi del 2008, quando la risposta Usa è stata molto più repentina che dell’ Europa, perché è difficilissimo mettere d’ accordo 27 Stati. Lo stesso Junker aveva ammonito l’ Ue sulla necessità di superare questa unanimità, e Von der Leyen aveva promesso che avrebbe affrontato la questione, ma pandemia e guerra in Ucraina hanno spostato l’ attenzione da uno dei temi di maggiore importanza, anche se proprio questi eventi hanno reso evidente la necessità di una politica fiscale comune e un singolo Stato poco può fare di fronte a eventi che hanno implicazioni planetarie.
“ Una necessità che lo stesso Mario Draghi ha espresso lo scorso febbraio – ha ribadito Marino -, in attesa che il suo rapporto venga diffuso proprio le elezioni: una politica fiscale europea per le necessità di investimento e per superare le disuguaglianze, questioni prima affidate alla sola politica monetaria. Tutte queste ambizioni non trovano ancora alcuno spazio scientifico né politico nei programmi licenziati dai partiti in vista delle elezioni, a pochi mesi dall’appuntamento elettorale ”.
Ma nello stesso momento in cui si registra una serie di resistenze e di inerzie, ha precisato Marino, la cooperazione amministrativa in materia tributaria all’ interno dell’Ue ha fatto passi da gigante. Mentre si registravano le difficoltà del 2008 e si avvertiva la spinta verso l’ economia digitale, è cambiata la politica unionale in relazione alla cooperazione: la direttiva del 1977 parlava di “assistenza ” rispetto all’ interesse fiscale di un’ altra nazione e ora, con la parola “cooperazione” nella direttiva del 2011 che la ha sostituita, si mette al centro l’ interesse comune, non solo del singolo Paese: “ E dalla direttiva Dac 1 1 del 2011 siamo arrivati alla Dac 8, quindi l’ Ue ha sentito l’esigenza di perfezionare gli strumenti con cui gli Stati cooperano tra loro. Come mai questa contraddizione politica tra inerzia sulla politica fiscale accelerazione spinta sulla cooperazione per le informazioni’ Penso che la tecnologia abbia aiutato a soperchiare centri di potere di informazione finanziaria ( banche e alcuni studi legali ) da cui sono emerse frodi ed evasione. Scandali finanziari che i media hanno veicolato impedendo che la politica rimanesse inerte sulla cooperazione. Sono quindi moderatamente ottimista – ha concluso Marino – sul percorso della cooperazione amministrativa con la  creazione di una agenzia europea per la cooperazione amministrativa tributaria di cui la nostra Agenzia delle Entrate risulti una sede periferica, come siamo arrivati a una Bce di cui Bankitalia è una sede periferica ”.

Achille Colombo Clerici ( presidente di Assoedilizia ) ha sviluppato il tema di “ Un’ architettura istituzionale europea da integrare ”, affermando anzitutto che la presenza del mondo immobiliare è misconosciuta nel mondo dell’ economia ufficiale, essendo considerato un settore marginale: “ Il riferimento di Buscemi alla collocazione di questo dibattito in Milano giustifica l’ approccio pragmatico: la questione europea appartiene alla città di Milano, che ha compiuto un passaggio epocale grazie a competitività e attrattività, da terminale gerarchico del sistema Italia a terminale del sistema internazionale ed europeo in particolare. Per questo mi sento europeista: le condizioni in cui siamo in relazione con l’ Unione ”.
A inizio 2023– ha ricordato Colombo Clerici –  la Commissione ha presentato al parlamenti Ue e nazionali una comunicazione sullo stato della Giustizia europea, intesa come Giustizia del sistema europeo, spiegando come, per raggiungere l’ obiettivo del rafforzamento del sistema fosse necessario affermare la preminenza del diritto unionale su quello dei singoli Stati: “ Nel corso della nostra relativa audizione alla Camera abbiamo evidenziato le lacune di questo sistema europeo, che vanno colmate se si vuole che l’ Unione sia uno Stato di diritto: 1) la sentenza della Cgue sul caso dell’ assegnazione dell’ Ema ad Amsterdan piuttosto che Milano e 2) il Qatargate. La sentenza sull’ Ema del 2022 sul ricorso del Comune di Milano, basato su un errore che avrebbe fuorviato i membri del Consiglio ( l’ esistenza di una sede pronta che in realtà non c’ era ), dice che le decisioni del Consiglio europeo non sono sindacabili sul piano della legittimità in quanto ‘ atto politico ’. Ma cosa sarebbe successo se l’ errore fosse stato dovuto al dolo di qualche funzionario, quindi a un reato? Quello che è accaduto con il Qatargate, dove la competenza è passata alla giustizia belga anziché all’ Unione. Nel 2021 si è avuta la costituzione della Eppo ( la procura penale Ue ) ma con funzioni requirenti, quindi per il giudizio restano competenti le Corti di Benelux, Germania e Francia, dove risiedono le istituzioni Ue. Quindi è chiaro che ci vogliono degli interventi ”.

Nel suo saluto di Elio Franzini, Rettore dell’ Università degli Studi di Milano, ha  registrato che i metodi della giustizia belga sembrano assai diversi da quelli italiani “ Al punto da detenere una madre per un lungo periodo impedendole anche di vedere il figlio piccolo. Ma l’ Europa, al di là delle sue infinite disfunzioni, è una grande conquista e un’ occasione, anche di pace, perché è riuscita a uscire da una grandissima devastazione, proponendo un modello che dopo 80 anni ha funzionato, è un’ oasi di pace nei contenziosi internazionali, nel dialogo e negli scambi, e chi è uscito se ne sta pentendo ”.

La parola è passata ad Antonio Padoa Schioppa, Professore emerito di Storia del Diritto Medievale e Moderno all’ Università degli Studi di Milano che ha dedicato il suo intervento a “ Il progetto europeo, settori di intervento cruciali per la legislatura 2024-2029 ”. Le tesi dei sovranisti che si debba recuperare una serie di competenze passate all’ Unione, tradendo l’idea di nazione. Esistono ancora – ha detto Padoa Schioppa – ma sono assai meno aggressive rispetto ai tempi in cui c’era chi diceva “ Basta euro ”, perché ormai è chiaro a tutti quali sarebbero state le conseguenze inflattive: non ci perdono i ricchi e i potenti ma i piccoli risparmiatori, l’ inflazione è la più ingiusta delle tasse.
Questa elezione è di straordinaria importanza – ha proseguito Padoa Schioppa -, con un nuovo ordine internazionale che ci può condurre a esiti catastrofici. E l’ Ue si trova ad affrontare elementi di crisi prima sconosciuti, come la sicurezza. È riuscito il progetto della pace in Europa ma siamo indietro sulla pace e sulla sicurezza nel Mediterraneo, quindi la difesa europea diventa centrale, con un’ istituzione politica adeguata. E occorre un tessuto di connessione multipolare in cui l’ Europa dia un segno per fronteggiare la conservazione della pace e il rischio climatico. Il cittadino normale ha le idee più chiare della classe politica, e i sondaggi dimostrano che il 70% vuole la difesa europea, come per una politica della salute comune. Così come vanno corretti i paradisi fiscali come quello irlandese: “ Sapete quando la Chiesa ha capito che l’ unanimità è impossibile? Nel 1179, con Alessandro terzo, quando ha deciso che per eleggere il papa bastino i 2/3 dei voti dei cardinali; quindi perché serve l’ unanimità del Consiglio europeo per decidere le quote latte? Occorre cambiare i trattati, dove i voti richiedano una doppia maggioranza, dei Governi che rappresentino a loro volta la maggioranza della popolazione ”.

Claudio Biscaretti di Ruffia, professore Associato di Diritto Commerciale europeo all’ Università degli Studi di Milano Bicocca, ha concentrato la sua attenzione su tema “ Il diritto degli affari tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali ”, sottolineando in apertura alcuni dati: “ Le spese militari sono 55 miliardi in Germania, 68 in Gran Bretagna, 89 in Cina; il totale Ue è a 260 miliardi ( in Italia 33 ). Questo ci dà l’ idea che da soli contiamo poco ma tutti insieme possiamo avere una rilevanza importante. Il tema dell’ unanimità dovrà essere superato ”. Passando al tema centrale, ha evidenziato che nel 2023 c’ erano 32 milioni di imprese, di cui 80% Srl, quasi tutte Pmi: “ Dal punto di vista del diritto degli affari dobbiamo dire che da un lato ci sono loro e dall’altro le grandi imprese multinazionali, per le quali i confini non esistono e hanno a disposizione studi legali con oltre mille avvocati in 20 Stati diversi, fatturati di miliardi di euro e specialisti in ogni campo. Non hanno quindi i problemi delle altre imprese ”.
Biscaretti di Ruffia è poi passato al titolo vero e proprio del suo intervento: “ Lo strumento della Direttiva è lo strumento tipico dell’ Ue e fu approvata una serie di direttive per armonizzare il diritto societario sui temi della costituzione della società, delle Opa, del capitale minimo, delle fusioni e scissioni internazionali ( pensiamo all’ evoluzione della Fiat in Fca e in Stellantis ), delle Srl uninominali. Ma non è un diritto completo: alcune direttive si occupano solo delle Spa e comunque lasciando grandi differenze all’ interno dei singoli Stati. Le differenze tra multinazionali ci sono tra chi come Allianz o Zalando vanta prodotti e servizi gestiti da un gruppo internazionale ( anche se poi il gruppo è controllato di fatto da società nazionali ), in Italia l’ unico esempio è la galleria del Brennero, in lavorazione, progettata attraverso un Geie italo- tedesco, poi trasformato in società europea con sede a Bolzano ”.
Una delle iniziative degli ultimi anni – ha concluso Biscaretti di Ruffia – è nata all’ Università di Pavia, da un gruppo di studiosi collegati a colleghi tedeschi, con la creazione di un Codice dei contratti europeo: il libro I e l’ inizio del libro II sono stati già fatti. E si discute di un altro progetto, un Codice degli affari dedicato ad alcuni punti specifici, tra gli altri, del diritto bancario, civile, commerciale, fiscale, del lavoro, della concorrenza e della proprietà intellettuale: “ Sarebbe bene ricordare l’ esempio degli Stati Uniti, che avevano all’ inizio 50 diritti diversi e gli avvocati possono esercitare solo negli Stati dove hanno sostenuto l’ esame: quando si è trattato di uniformare il diritto societario è stato un gruppo di lavoro non pubblico che ha redatto un codice non obbligatorio all’inizio degli anni Cinquanta, poi adottato da tutti gli Stati nei vent’anni successivi. Questo in preparazione è uno strumento volontario che può essere usato anche in Europa: se poi venisse adottato da Francia e Germania anche gli altri le seguirebbero. E verrebbe superato anche l’ obbligo dell’ unanimità, trattandosi di adesioni volontarie ”.

Il titolo del contributo di Ilaria Viarengo, professoressa ordinaria di diritto internazionale all’ Università degli Studi di Milano, “ Diritti umani e il ruolo dell’Unione europea ”, è stato sviluppato anzitutto facendo riferimento ai trattati postbellici, dove già si esprimeva il valore universale dei diritti umani, sottraendoli al controllo dei singoli Stati. “Sono precetti che dal 1945 la comunità internazionale ha deciso di darsi. Inizialmente l’ Europa non se ne occupa ma è con la sentenza Stauder che viene affermato il principio ”.
La sentenza 16 gennaio 2024 sulle donne vittime di violenza di genere che presentano richiesta di protezione internazionale, ha spiegato Viarengo, ha cambiato le cose. Il caso è quello di una cittadina turca sunnita, che fugge dalla Turchia e si sposa con un altro uomo ma la Bulgaria rifiuta la protezione internazionale, non avendo ratificato al Convenzione di Istanbul che afferma che la violenza alle donne sia una forma di persecuzione: “ La Cgue dice invece che questa convenzione va rispettata anche dagli stati Ue che non la hanno ratificata ma che invece la Ue ha ratificato, costringendo così la Bulgaria a rispettarla. Sono giorni difficili non solo per i conflitti ma per l’evidente volontà di alcuni Paesi di conformarsi ai diritti fondamentali come la Polonia sull’ indipendenza dei giudici e l’ Ungheria ”.

L’ intervento di Alessia Di Pascale, professoressa ordinaria di diritto dell’ Unione europea all’Università degli Studi di Milano, è stato dedicato a “ La riforma delle politiche d’ asilo e immigrazione dell’ Ue. Sfide e prospettive ”. La recente sentenza della Cgue che tutela le donna in fuga dalla violenza rappresenta un precedente importante, che può influenzare il mondo intero, ha concordato Di Pascale: “ E anche l’  Europa dei migranti cerca un punto di equilibrio che non riesce a trovare, alfiere dei diritti ma sempre più ripiegata su se stessa: l’ ultimo atto del Parlamento Ue sarà la riforma del diritto europeo di asilo come risposta alla crisi dei migranti. Il Parlamento nel 2022 riesce a raggruppare le presidenze dei Paesi per portare a termine un processo che però porterà una riforma in cui il ruolo del Parlamento diventa residuale. Una riforma in cui il ruolo centrale è poi stato solo del Consiglio europeo e il trilogo ha annunciato l’accordo nel dicembre 2023 ”.
Nel merito, ha proseguito Di Pascale,  la solidarietà che dovrà sostituire Dublino di fatto lascia gli Stati liberi di decidere come fare, non ci sono gli obblighi che auspicavano i Paesi di frontiera: “ Nella gestione ordinaria cambia poco: criteri rigidamente ancorati a elementi oggettivi, tranne la nuova possibilità di individuare come Stato competente quello dove risieda un parente del rifugiato divenutone cittadino. Ora c’è la possibilità di bloccare e trattenere i rifugiati su territorio giuridicamente extraeuropeo per qualche giorno e rimpatriarli dopo l’ esame negativo della sua situazione. Ma la collaborazione con gli Stati di origine e transito costa e oggi il tasso di rimpatrio è del 30% degli allontanamenti. È una riforma che di fatto lascia molto perplessi sia sulla tutela dei diritti che sulla sua concreta attuazione ”.

Da remoto è arrivato il contributo di Sara Valaguzza, professoressa ordinaria di Diritto amministrativo all’ Università degli Studi di Milano su “ Il coordinamento normativo tra Ue e Stati membri nel diritto amministrativo ”. Ciò che si sta verificando, ha detto Valaguzza, è una sempre maggiore interazione tra gli ordinamenti amministrativi nazionali e quello europeo e il fenomeno dell’ intersezione tra i due mondi si presenta “ Inarrestabilmente in crescendo. Quindi si devono trovare strumenti di integrazione amministrativi che non corrispondono più a quelli tradizionali. Il fenomeno è quello di osservare come i confini delle nazioni europee non riescano a contenere i fenomeni economico-sociale all’interno della governance degli Stati, come è accaduto con la pandemia. Serve quindi un modello amministrativo circolare, organizzato in modo da individuare forme di collegamento costante, che incidano sulla formazione del potere pubblico fuori dai confini nazionali. Anche la crisi energetica dimostra come sia fragile una prospettiva economica isolata dagli approcci sinergici ”. I modelli relazionali a rete vanno costruiti, La relazione multilivello non è più un modello ma piuttosto il modello, è ormai lo schema fisiologico dei rapporti amministrativi che scaturiscono dalla normativa europea. Il sistema amministrativo europeo vive quindi di una natura collaborativa e consociativa, che impatta sulla struttura del governo amministrativo europeo. Si è discusso per anni su burocrazia ma ora si studia piuttosto il processo composito che scaturisce dall’ interazione tra gli Stati.
Il secondo caso proposto da Valaguzza è quello della restoration law per la conservazione dell’ ambiente e la biodiversità dopo avene rilevato una forte diminuzione di livello in tutto il continente. Un sistema che si caratterizza per la sua trasversalità, con interenti a livello nazionale ed europeo: “ I piani, oltre a essere sottoposti al voto in Commissione, necessitano anche di un coordinamento tra gli Stati dell’ Unione, con una raccolta cooperativa delle informazioni ”.
In entrambe i casi emerge la necessità di coordinare le decisioni amministrative degli Stati non solo con l’ Unione ma con gli stessi altri Stati membri, ha concluso Valaguzza “ Ed è questo il passo in più, quindi emerge la debolezza di un sistema amministrativo autoreferenziato, che si basi solo su dati e prospettive raccolti all’ interno del singolo Stato. Anche quella del diritto amministrativo europeo in rapporto al diritto amministrativo nazionale è una dicotomia del passato che va disgregandosi per un più coeso diritto amministrativo degli Stati e dell’ Unione, dove i tratti caratteristici comuni tendono ad avere la prevalenza e i profili di specialità tendono a diminuire. E questo avrà un interessante effetto nel senso di una semplificazione e di una maggiore certezza ”.

Fonte: Achille Colombo Clerici

La Svizzera è potente, meno neutrale e più europea

Presentato al Centro svizzero di Milano il numero di Limes dedicato alla Confederazione

ASSOEDILIZIA informa

di Saverio Fossati

Che cos’è la Svizzera? Noi italiani crediamo di saperlo bene, di andare al di là della potenza bancaria e tecnologica elvetica e di capirne anche i valori e lo spirito del suo popolo. Ben oltre gli stereotipi. Ma le cose sono più complicate di come appaiono anche a un osservatore un po’ smaliziato. Per questo il consolato elvetico a Milano ha organizzato la presentazione del numero della Rivista italiana di geopolitica Limes ” Svizzera, la potenza nascosta “, mercoledì 20 marzo, presso la Sala Meili del Centro Svizzero di Milano.

All’evento, dopo la presentazione del Console generale Stefano Lazzarotto, che ha sottolineato l’ importanza dell’ evento nell’ ambito della strategia di comunicazione del Dipartimento degli affari esteri, sono intervenuti gli autori degli articoli contenuti nella rivista: l’ Ambasciatrice Monika Schmutz Kirgöz, il Direttore della rivista Limes Lucio Caracciolo e l’ avvocato e delegato relazioni estere della Camera di commercio del Canton Ticino Michele Rossi. A moderare Agnese Rossi, Collaboratrice di Limes.

A rispondere alle sollecitazioni della moderatrice è stato per primo Caracciolo, che ha ricordato come la Svizzera sia da sempre la via più diretta verso l’ Europa del nord e l’ Italia è stata fondata da un mezzo svizzero come Cavour. Ma perché è una potenza? “ Sui siti specializzati – ha detto Caracciolo – la Svizzera è sempre tra i primi dieci Paesi, in particolare tra siti Usa che distinguono per categoria, definendola una best country anche come potenza culturale e per il suo sistema educativo. Un Paese che dagli altri sempre considerato come riferimento quando c’ è una crisi. Un Paese neutrale per definizione ma che si è schierato nettamente contro la Russia e applica tutte le relative sanzioni europee. La stessa Italia oggi è più neutrale della Svizzera, non bisogna farsi ingannare dalla sigle. La Svizzera ha poi questa capacità non solo di attrarre ma anche di trattenere le più svariate categorie di persone, e non è multiculturalismo ”.

L’ ambasciatrice Schmutz Kirgöz ha affrontato il tema del femminismo, oggetto del suo approfondimento su Limes, dove racconta la faticosa evoluzione dell’emancipazione femminile nella Confederazione: “ Alcuni hanno sostenuto che io critico la Svizzera ma invece io affermo il successo svizzero proprio anche per il percorso dell’ emancipazione femminile. E c’ è un patto sociale basato sulle istituzioni che funzionano e sulla democrazia diretta. Ci sono tantissime differenze anche su come dire ‘io sono femminista’, perché da noi è normale dichiararlo mentre quando lo ho detto alla Tv italiana come ambasciatrice ho anche suscitato stupore. Eppure io rappresento tutta la Svizzera, anche le donne. Trenta anni nei corsi per manager fa si diceva che le donne dovessero essere come gli uomini, quindici anni fa la diversità è diventata un valore. Oggi si dice ‘ cercate di prendere il potere e poi vedremo ’”.

Ossi, che aveva centrato il suo contributo sui frontalieri in Ticino, ha evidenziato che in quel cantone la situazione economica non corrisponde a quello che la politica ama raccontare, cioè che i problemi sono causati dai frontalieri. Mentre in generale il mercato del lavoro del cantone non è problematico: “ Negli ultimi il livello salariale è cresciuto, meno che a Zurigo ( ma è sempre stato così e un caffè a Zurigo costa 5 euro, a Lugano la metà ) e la disoccupazione è dimezzata. In realtà il Ticino è cresciuto economicamente solo dal secondo dopoguerra, prima o ticinesi emigravano ed è stata soprattutto lo sviluppo della piazza finanziaria ad averne merito. E teniamone conto, perché la Storia potrebbe cambiare ancora ”. Del resto, ha ricordato Rossi, dal 2002 vige il regime di libera circolazione delle persone. Prima anche i cittadini Ue c’ erano contingenti di permessi di residenza e il datore di lavoro deve dimostrare che non ha trovato uno svizzero per quella mansione: “ Dal 2002 i frontalieri sono così passati da 30mila a 80mila e questo ha provocato una reazione negativa ma questo non ha portato né a un calo dei salari né a un aumento della disoccupazione: Ginevra, che confina con la Francia, ha più frontalieri del Ticino ma lì non c’ è alcun mal di pancia.

Piuttosto, la trasformazione della piazza finanziaria e la partecipazione al sistema dei controlli fiscali ha portato a rivedere determinate attività rispetto alla ricchezza arrivata in Ticino dal secondo dopoguerra e questo non viene compreso mentre il malessere è attribuito ai frontalieri ”. Sulla stessa linea Schmutz Kirgöz: “ La Svizzera ha il 28% di stranieri e c’è bisogno di loro, quindi la fobia è politica, che forse condividiamo con alcuni partiti dell’Italia, che ha anch’esso bisogno di manodopera. E il canton Berna ha votato ieri la possibilità per gli ucraini laureati di seguire una formazione e insegnare poi in Svizzera, dove mancano gli insegnanti”.

Caracciolo ha poi parlato dell’ understatement elvetico: “ Uno dei problemi della Svizzera è nell’ aumento della visibilità, voi avete una contraddizione tra il non voler entrare in Ue ma nel seguirne le politiche, quindi questo atteggiamento di giocare su una scala più bassa di quella effettiva fa parte dell’eccesso di modestia e dello stare bene con voi stessi, problema che noi italiani non abbiamo ”.

 “ Ma le nostre contraddizioni – ha risposto Schmutz Kirgöz –  fanno parte del dibattito continuo che è il modo di essere svizzeri; la Svizzera non oserebbe mai di poter insegnare qualcosa agli altri, anche se funzioniamo bene, questa è la nostra modestia. Si parla di neutralità da quando siamo meno neutrali ma neutralità non vuol dire indifferenza e tutto ciò che abbiano fatto è aumentare i pacchetti di sanzioni europei alla Russia. Del resto siamo anche dentro il Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Rossi ha aggiunto che non è la prima volta. “La Svizzera aveva ripreso le sanzioni anche durante le guerre del Golfo e del Kosovo, ci sono forse politici che ne parlano ma la nostra neutralità non è cambiata, ogni stato neutrale non partecipa alla guerra ma può fare scelte economiche diverse ”. E Caracciolo ha sottolineato che la neutralità è stata per la Svizzera un modo per essere più potente e con il suo pragmatismo risolvere tante controversie: “Ora è più difficile giocare questa carte e ciò diminuisce la potenza della Svizzera. Del resto la Svizzera nel passato non poteva non essere neutrale, l’ alternativa era quella di sparire ”.

Il dobattitpo si è poi spostato sul tema della sicurezza dei cittadini.  “ Fa piacere – ha detto Schmutz Kirgöz – che rimanga l’idea che la Confederazione sia un paradiso totale dove la sicurezza è garantita ma l’ unico posto dove mi hanno rubato la valigia è il mio Paese. Le forze dell’ ordine funzionano bene con 26 forze di polizia federale e cantonale e in un mondo globalizzato non è facile, la ndrangheta usa Germania Svizzera cone piattaforma ”. “ Però – ha replicato Rossi – gli  imprenditori italiani che si trasferiscono i Svizzera si sentono certo più sicuri ma… c’ è la burocrazia; spesso la Pubblica amministrazione ticinese effettua controlli che non hanno molto senso e non si ricordano che stanno controllando, magari sul numero dei giorni di residenza, persone che ci stanno facendo dei favori perché investono qui e creano posti di lavoro; non va dimenticato che queste persone vanno accolte perché sono preziose e contribuiscono alla nostra ricchezza ”.

Noi svizzeri, ha concluso Schmutz Kirgöz, vogliamo anzitutto essere svizzeri, la Svizzera ti dà tutto e le nostre scuole e università pubbliche sono le migliori e gratuite, nelle scuole private va chi non riesce. Da noi è davvero ancora tutto possibile e si diventa cittadini svizzeri con regola precise che premiano i figli degli stranieri ”.

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Fonte: Achille Colombo Clerici

Osservatorio Metropolitano 2024, dall’archeologia alla casa per tutti

Quattro incontri sui temi della grande Milano con relatori d’eccellenza – Nuovo ciclo di incontri

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Di Saverio Fossati

Al via, il 19 marzo, l’edizione 2024 dell’Osservatorio Metropolitano – Dibattiti per lo sviluppo e la promozione di una nuova qualità urbana. Con il Patrocinio di Assoedilizia, Ordine degli Architetti di Milano, Cersu e Fondazione del’Ordine degli Ingegneri di Milano. Gli incontri sono stati organizzati dal Collegio degli ingegneri e architetti di Milano, ARCHxMI e Aim, con il coordinamento di Alberico BelgiojosoCarlo BerizziClara Rognoni  e Gianni Verga. Sono stati richiesti cfp per gli Architetti e Ingegneri.

I quattro incontri si terranno in remoto sulla piattaforma online BigMarke, sempre alle ore 18; il primo, il 19 marzo, dal titolo DIGITAL TWIN. sarà coordinato da Gianni Verga con i relatori Michele IeradiFederico Parolotto  e Ioanni Delsante
Il 16 aprile l’incontro sarà dedicato a ARCHEOLOGIA STORIA QUALITÀ URBANA A MILANO. Coordinatore Alberico Belgiojoso e relatori: Silvia Lusuardi Siena e Alessandro Colombo.
Il 14 maggio è la volta di AREA VASTA E CITTÀ METAPOLITANA, coordinatore Carlo Berizzi con i relatori Giovanna FossaMaurizio FedericiSandra Zappella e Gianni Verga.
L’ultimo incontro, l’11 giugno, è intitolato LA CASA PER TUTTI e sarà coordinato da Clara Rognoni; relatori Antonio BelvedereAlessandro Maggioni e Giordana Ferri.

Gianni Verga illustra lo spirito dell’iniziativa: “Abbiamo scelto di fare i primi due incontri sul futuro e sul passato, “gemello digitale” vuol dire usare tutte le tecnologie a disposizione per avere una fotografia sempre aggiornata della città dal punto di vista sia statico che dinamico, con tutte le informazioni possibili, per capire dove la città stia andando e poter correggere in tempo gli errori. Il secondo incontro è dedicato al passato, quindi all’archeologia: ogni giorno scopro qualcosa di suggestivo che viene dal passato, rileggere la storia di Milano e saperla utilizzare è sempre un’operazione importante e la presenza di Belgiojoso ci dà un esempio di grande autorevolezza”. Ed è lo stesso Belgiojoso a illustrarlo: “Partiamo da una pubblicazione della professoressa Lusuardi sull’area degli scavi archeologici sotto il Duomo di Milano, con l’identificazione delle tracce e dei ruderi delle due basiliche precedenti e dei battisteri, con indicazione di come si possono esaminare ancora, anche per il pubblico, ma anche di come nel tempo, anche per i lavori della Metropolitana sono andati perduti alcuni reperti interessanti. Il mio intervento sarà dedicato all’importanza della presenza storica a Milano e della sua messa in evidenza, segnalando ciò che è ancora rimasto a partire dalla città Romana e in seguito tutti i periodi successivi (medievale, rinascimentale, Sei-Settecento, Neoclassico, Otto-Novecento). E parlerò specialmente della caratteristica di Milano di mantenere molto leggibili le trasformazioni che ha avuto nella Storia, e i criteri e l’interesse culturale di ciascuna di esse. Infine interverrà Alessandro Colombo sulle presenze storiche nella Periferia, sul periodo più recente, e sul patrimonio dell’architettura del Novecento a Milano che, non essendo ancora trascorso il tempo necessario per il vincolo della Sovrintendenza, rischia di essere perduto; e parlerà dei modi e delle iniziative per preservarlo”.


Negli altri due incontri vengono affrontate questioni attualità, spiega Verga: “L’area metropolitana è un concetto preso in prestito da una ricerca da François Ascher per indicare una vasta area, in questo caso (è un suo esempio) l’area padana da Torino a  Venezia. Verranno individuati e indicati i grandi temi che la individuano: acqua (sia per il Po che gli shock come la siccità e le alluvioni), aria (di recente con il rischio di collasso per la stasi), mobilità (soprattutto ferroviaria, con i cambiamenti dovuti all’alta velocità);  l’ultimo incontro, “La casa per tutti”, è un tema un po’ dimenticato dai tempi del fenomeno migratorio dal Sud Italia e con Belvedere stiamo lavorando a una proposta di legge (da varare livello nazionale) per realizzare case a basso costo, all’interno della rigenerazione di aree già occupate, aree dismesse, rurali, infrastrutturali, industriali, edifici di edilizia pubblica, creando con alloggi di medie dimensioni con affitti a 500mese, all’interno del fabbisogno del ceto medio-basso che altrimenti viene espulso della città. Andremo a toccare anche fiscalità e beni dello Stato, aree o edifici pubblici. Con risorse da recuperare anche dal comparto privato”.

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Fonte: Achille Colombo Clerici

Italian Law & Liberty Circle. Incontro all’UNIMI

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La democrazia in America non sta bene ma forse la colpa non è tutta di Trump

Alla statale di Milano l’intervento del giurista James P. Kelly

di Saverio Fossati

Preoccupate ma non disperate. Così sembrano apparire le istituzioni statunitensi nella temperie dello scontro elettorale, mai così incandescente e, almeno per noi europei, disorientante. Se ne è discusso il 18 marzo all’Università Statale di Milano, dove il Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale ha organizzato il convegno “Constitutional issues pertaining to the 2024 u.s. presidential election”.


Dopo i saluti di Antonella Baldi, prorettore all’internazionalizzazione, e l’introduzione di Lorenza Violini, ordinaria di diritto costituzionale, la parola è passata a James P. Kelly, Federalist Society Director of International Affairs (Of Counsel) e membro, come ha ricordato all’inizio dell’intervento, della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione Venezia).

Il tema centrale affrontato da Kelly era la risposta alla domanda “Democrazia attraverso il diritto o democrazia attraverso la lawfare?” (Cioè l’uso di sistemi e istituzioni per delegittimare un avversario politico), esaminando tra l’altro la natura delle accuse contro l’ex presidente Donald Trump, la presunta “morte della democrazia e l’atteggiamento delle agenzie federali. Così ha illustrato le varie controversie che vedono protagonista l’ex presidente, senza giungere e una risposta definitiva alla questione, che ha in sostanza rinviato alle decisioni finale delle corti che le stanno affrontando.

Sulla questione della “morte della democrazia”, un tema molto presente nel dibattito politico, Kelly ha registrato che la strategia chiave di Biden e dei democratici è di sostenere che i repubblicani costituiscono una minaccia per l’esistenza della democrazia, proprio come in Europa il mainstream centrista delegittima i movimenti populistici o nazionalisti. Kelly ha poi accennato a due correnti di idee, il Rinnovamento democratico e il movimento per il nazionalismo cristiano, di cui vede le radici nel pensiero di Giuseppe Mazzini. Mazzini, secondo Kelly, rifiutava gli sforzi per eliminare il sentimento patriottico dal cuore del popolo in nome di un astratto cosmopolitismo propugnato da alcune correnti liberali. E ha citato la replica di Ross Douthat a chi accusa il nazionalismo cristiano di teocrazia: “I conservatori religiosi di oggi sono soprattutto normali cristiani americani che fanno una normale politica cristiana americana, non fanteria della nascente teocrazia”.

Kelly ha poi esaminato, criticandolo, l’atteggiamento del Dipartimento di Stato circa la censura sui media digitali e sull’uso, da parte della pubblica amministrazione, dei dati dei cittadini aventi diritto al voto che le si rivolgono per i servizi essenziali. E ha concluso il suo intervento citando le libertà elencate da Mazzini: personale, di movimento, di credo religioso, di opinione su qualunque argomento e attraverso la stampa o qualsiasi mezzo pacifico, di associazione, di commercio della produzione intellettuale e manuale.

Sono poi seguite alcune domande da parte dei docenti presenti e degli studenti, che in generale vertevano sulla possibilità di avere fiducia nel sistema giudiziario statunitense, viste le premesse e, appunto, la lawfare che sembra connotare la situazione in cui si trova l’ex presidente Trump. Le conclusioni sono state tenute da Nicolò Zanon, ordinario di diritto costituzionale alla Statale, ex vice presidente della Corte Costituzionale e presidente dell’Italian Law & Liberty Circle.

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Fonte: Achille Colombo Clerici

I milanesi tornano a stare insieme con la cultura della “Meneghina”

Si festeggia il centenario non solo con Alessandro Manzoni e Carlo Porta: la tradizione viva è di tutti

Cento anni insieme: la Famiglia Meneghina, associazione storica di tradizioni e cultura cittadina, festeggia i suoi cento anni dalla fondazione nel 1924 con la presidenza di Alessandro Gerli. E gli affetti per la città e la sua vita troveranno la loro espressione con gli eventi in programma, che vedono il patrocinio di Assoedilizia, sorella maggiore con 130 anni di età, e l’affettuoso sodalizio con suo il presidente Achille Colombo Clerici.

La Famiglia Meneghina nasce con il tipico spirito milanese della voglia di divertirsi insieme e di condividere tutto quello che offre una città in tumultuosa espansione e, dopo la II guerra mondiale, risorge con la voglia di ricominciare che è così forte a Milano e si allarga sino a occupare un piano intero di Palazzo Turati, in via Meravigli 7. Poi la città cambia e la socialità assume altre forme, magari meno immediate ma che non hanno allentato i legami di chi, milanese di famiglia o d’ adozione, ha sentito quante cose in comune ci sono tra chi vive in questa metropoli complicata e calda. E oggi l’ Associazione ha trovato un bello spazio per il più prezioso dei ricordi: la biblioteca, aperta a tutti, con 500 volumi antichi, 11mila moderni, raccolte di riviste e 500 manoscritti, ospitata presso un’ altra storica istituzione cittadina, la Società del Giardino. Il catalogo è accessibile online qui: https://a94039uk.eos-intl.eu/A94039UK/OPAC/Index.aspx

Proprio puntando sulla cultura non ufficiale ma viva la Meneghina ha saputo restituire alla città persone, fatti ed eventi che rischiavano di essere dimenticati o di appannarsi nel ricordo: e invece è proprio il passato incredibilmente ricco di Milano che rende così unica la città più multiculturale e accogliente d’ Italia, sin dagli anni Cinquanta con la prima immigrazione. Proprio per questo la Famiglia Meneghina coltiva la tradizione della lingua milanese in tutte le sue declinazioni, con attenzione speciale al teatro e alla poesia, valorizza aspetti attuali della vita milanese con l’istituzione e l’assegnazione del premio “ la mia vita per Milano ” a persone di riconosciuta notorietà e pubblica volumi, almanacchi e strenne dedicati a Milano.

Le iniziative per il centenario ruotano intorno al volume in preparazione, con il contributo di molti autori, dedicato alla storia e agli eventi di Milano e dell’Associazione. Ecco le date già fissate per la presentazione del volume: 10 giugno, presentazione ufficiale presso la Società del Giardino: 26 giugno, Sala Alessi del Comune di Milano – Palazzo Marino; 17 settembre, Sala Colucci di Confcommercio; seconda metà di ottobre ( data da definire ) presso la Fondazione Corriere della Sera; altre date da definire saranno presso il Circolo Filologico, la Società Umanitaria e i 100 Amici del Libro.

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Fonte: Achille Colombo Clerici

Stadio Meazza, la ristrutturazione ora piace a tutti

Al convegno del Centro Caldara i partiti si confrontano sul destino di San Siro

di Saverio Fossati

Qui Stadio, abbiamo un problema. Al convegno organizzato il 15 marzo dal Centro Studi Circolo Caldara di Milano si sono confrontati i soci del circolo con i consiglieri comunali di (quasi) tutti i partiti sulla questione dello Stadio Meazza. Ha colpito comunque, nella serrata discussione, che la ritrovata unanimità sull’ipotesi ristrutturazione serva in realtà ad accusare la maggioranza di averci pensato solo adesso.
Già nel maggio 2023 era stato elaborato, proprio dal Caldara, uno studio articolato sulla diatriba in corso tra Comune e società calcistiche, intitolato Calcio come patrimonio sociale e civico”, piuttosto critico con l’amministrazione comunale. Il gruppo di lavoro era composto da Salvatore Crapanzano (coordinatore anche del dbattito del 15 marzo), Franco D’AlfonsoWalter MarossiGabriele Rabaiotti e Pippo Amato.

Nel documento, viene segnalata  “(…) una oggettiva mancanza di adeguato ruolo del Comune.Palazzo Marino deve inquadrare e utilizzare l’intervento dei privati in un quadro di riferimento più ampio che gli è proprio e gli è dovuto, deve garantire scelte più corrette, ben motivate, sostenibili, controllabili; è stato esaminato in modo non corretto il possibile riutilizzo del Meazza sia come stadio di calcio, sia per altri utilizzi; sono stati utilizzati tempi lunghi, che però non garantiscono un risultato adeguato; si deve trovare una soluzione migliore di quella proposta”.E viene rilanciata la proposta di Franco D’Alfonso, ex assessore della Giunta Pisapia: “Fondamentale la gestione diretta del Comune della questione, costituendo una società sul mercato solo al 49%”. In sostanza, al Comune viene rimproverata un’assenza di impegno rispetto all’attivismo dei club: il Milan che preme per un nuovo stadio a San Donato e l’Inter che vuole restare a San Siro. Per la ristrutturazione è (da sempre) anche Alessandro Giungi, consigliere comunale Pd, che ha partecipato all’incontro con i colleghi Enrico Fedrighini (gruppo misto) e Carlo Monguzzi (Verdi), anche loro pro ristrutturazione.

In sala erano presenti anche l’architetto Giulio Fenyves (Arco Associati, che ha presentato il suo progetto di ristrutturazione che permette di non sospendere le partire durante i lavori) e gli ingegneri Riccardo Aceto e Nicola Magistretti (il loro progetto di ristrutturazione prevede una gradualità di interventi e un costo di circa 350 milioni).

Tutto il dibattito era in sostanza orientato al mantenimento della struttura, con grandi lavori di ripristino, senza la demolizione. Una spinta che va soprattutto in direzione di Palazzo Marino. A introdurre il dibattito è stato Crapanzano, che ha richiamato la necessità di rivolgersi a studi cittadini che collaborino con professionisti e cittadini, evitando le archistar: “Questo è uno stadio che può essere ristrutturato ‘a spicchi’, senza impedire lo svolgimento delle partite, e che dovrà tenere conto anche dell’impatto acustico e ambientale”.

Giungi ha ricordato la sua opposizione con Monguzzi, sin dall’inizio nel 2021, soprattutto a fronte dell’impatto ambientale di un nuovo impianto e dell’affermata impossibilità della ristrutturazione: “E si diceva che era impossibile, che sarebbe costato 500-700 milioni e le squadre non avrebbero potuto giocare durante i lavori. Ma non ero convinto. E c’era un progetto molto serio già all’epoca, con idee che venivano da persone che non avevano interessi. Così da due consiglieri diventammo nove”.

Alessandro De Chirico, capogruppo di Fi in consiglio comunale, ha confermato di aver cambiato radicalmente opinione su demolizione e dopo l’incontro con Fenyves: “Le squadre si sono sedute intorno a un tavolo con il sindaco e c’è stata l’autocandidatura di We build anche se le squadre non hanno ancora dato indicazioni su servizi, posti vip, insonorizzazione, traffico. In settimana il sindaco ha cominciato a parlare di piano B in caso le squadre decidano di continuare i loro vecchi percorsi”.

Secondo Mariangela Padalino, consigliere comunale di Noi Moderati, ha lanciato proposte concrete: “Ci sofferma sul manufatto, che deve restare il più integro possibile squadre e brand San Siro devono restare a Milano. Ma che sia uno stadio per il calcio o per i concerti, occorre agire sulla mobilità: venti o diecimila auto in occasione di partite o concerti che invadono il territorio. E una Ztl che autorizzi chi ha il biglietto non serva assolutamente a nulla. Piuttosto, con gli oneri di urbanizzazione si potrebbe allungare la metro di due fermate sino ai vecchi parcheggi di Italia 90”.

Tommaso Gorini (consigliere comunale Verde) ha richiamato la necessità di un tavolo tra parte provata e parte pubblica per definire i servizi alla cittadinanza, soprattutto quando si parla di cessione dell’impianto e dei terreni: cosa vogliamo ottenere come pubblico in cambio? Ora ci troviamo con una sola proposta di progetto mentre coinvolgendo i cittadini, anche alla luce del piano B, possiamo ragionare in modo più ampio anche su cosa sia il business del calcio, con la visione delle squadre come aziende che producano utile.

Qualche domanda se la è fatta Samuele Piscina (consigliere comunale della Lega): “Se le squadre decidessero di non restare dentro San Siro, cosa facciamo di San Siro, visto che il Comune incassa 3-4 milioni al netto della manutenzione? Se l’alternativa sono solo i concerti è chiaro che la manutenzione deve essere fatta ma dove il Comune può recuperare centinaia di milioni di euro? Per questo ero favorevole alla cessione ma la nostra proposte è di renderlo il più polifunzionale possibile”.

Gabriele Rabaiotti (consigliere comunale di Beppe Sala Sindaco) ha detto che a consentire il ripescaggio dell’ipotesi ristrutturazione sono state le circostanze generali e che “Il progetto debba rispondere all’interesse pubblico, con un processo di valutazione pubblico, ciò che non è accaduto nella prima fase”.

Marco Bestetti (consigliere di FdI) ha ricordato la sua posizione che, al contrario di molte, era ed è rimasto contrario alla demolizione: “La città non veniva coinvolta ma noi decidemmo di promuovere un’assemblea al municipio 7 dove le società hanno dovuto confrontarsi con i cittadini, quindi sono d’accordo con Rabaiotti sull’interesse pubblico. Oggi sembra che l’ipotesi per convincere le società alla ristrutturazione sia la cessione dello stadio e in questo va individuato l’interesse pubblico: per me è il quartiere che vive da decenni il malessere di avere lo stadio, quindi il primo punto è il risarcimento di quel quartiere, con la mobilità e i parcheggi di Italia 90 da riusare, ipotesi rifiutata per ora dalla maggioranza”.

Per Gianmaria Radice (consigliere comunale Riformisti): “Dobbiamo superare un quadro desolante, l’unica cosa veramente importante è che tutto ciò che sia intorno allo stadio sia animato tutti i giorni dell’anno, l’interesse pubblico è nell’area intorno a San Siro. Ricordando che la ristrutturazione del San Carlo è costato 1,3 miliardi, quindi 350 milioni per il Meazza è una cifra irrealistica”. Sono seguiti gli interventi di Marco Carlo Fumagalli (consigliere del gruppo Beppe Sala Sindaco), che ha confermato come la ristrutturazione sia l’unica strada possibile, Carlo Monguzzi, che ha definito surreale la conversione collettiva alla ristrutturazione mentre cinque anni sembrava impossibile per tutti. “E se il Comune ora vuole ristrutturare, perché non ritira il ricorso contro la Soprintendenza che ha evidenziato l’esistenza di vincoli che impediscono la demolizione?”. Filippo Barberis (consigliere Pd) ha cercato di replicare: “Credo che siamo delle grandi opere che in Europa sono molto divisive e complesse con modifiche e ripensamenti dei progetti e non siamo una banda di matti che pensano a dividersi ma che ci siano delle complessità E non ho pareri molto netti su ciò che succederà. E c’è l’insostituibilità dei soggetti privati: non si può fare a meno delle squadre. Ora c’è una finestra di opportunità diversa rispetto alla sensibilità delle squadre e meno onerosa”.

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Fonte: Achille Colombo Clerici

Direttiva case green: onere per lo stato che si rivarrà sui proprietari degli immobili.

di Achille Colombo Clerici

Con l’ approvazione della Direttiva Case green Epbd del 12 marzo, i poteri finanziari che stanno alle spalle degli ambientalisti e dei fautori della politica green europei hanno raggiunto il loro obiettivo.

Quella che, dopo gli accordi del 7 dicembre scorso, sembrava un ridimensionamento della logica green, potrebbe ridursi ad un semplice spostamento, non alla soluzione, del problema.

In effetti l’ onere dell’achievement, net emissions zero 2050, non ricade più direttamente sui proprietari degli immobili, ma viene accollato ai singoli stati.

Il testo della Direttiva presenta un insieme di norme e regole non immediatamente precettive ( cioè contemplanti sanzioni dirette ) nei confronti dei cittadini possessori degli immobili interessati. Per i proprietari immobiliari sicuramente un sollievo, perché l’impostazione normativa li libera direttamente dall’ assurdo e insensato onere connesso all’assoggettamento diretto alle norme unionali, ma comunque siamo di fronte sempre ad un onere che ricade sulle spalle degli stati.

La sua storia risale almeno a 20 anni fa, ed ha le sue antiche radici culturali. Il protocollo di Kyoto ( trattato del 1997– iniziativa che parte dall’ ONU- ratificato dall’Italia nel 2002 ) prevedeva l’ impegno degli stati alla riduzione delle emissioni carboniche ( c.d. gas a effetto serra ) nella atmosfera attraverso misure nazionali, ma in difetto, ammetteva che gli stessi potessero supplire con ” meccanismi flessibili “, basati sul mercato. La chiave di lettura è: ogni difetto comporta un costo, prima per gli stati e poi in via di ricaduta, per i cittadini. Insomma, chi non si adegua di fatto, monetizza.

C’ è da temere che alla finanza internazionale, in ultima analisi, interessi porre le condizioni ( oneri e sanzioni ) per creare posizioni debitorie, degli stati e quindi dei loro cittadini, sulle quali innestare un mercato di titoli

 Un modo di assicurare un prelievo aggiuntivo di risorse a carico degli stati non in grado di stare al passo. A loro il compito di rivalersi poi sui cittadini possessori di immobili non in regola penalizzandoli per il loro inadempimento.

Non vorremmo che nella stessa logica si ponesse anche la normativa approvata dall’ Europarlamento in data 28 febbraio scorso, in tema di ripristino della natura, che fissa l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell`Ue entro i1 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050.

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L’EUROPA NASCE IN SVIZZERA

L’Associazione Carlo Cattaneo racconta il Movimento federalista dopo Ventotene

Convegno al Consolato d’Italia di Lugano

di Saverio Fossati

Per il federalismo bisogna guardare alle origini: con questo presupposto è stato organizzato presso il Consolato Generale d’Italia a Lugano il 13 marzo il convegno “ Lugano e il movimento federalista europeo ”, che ha visto una vasta partecipazione di pubblico e la partecipazione del presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, fondatore dell’Associazione Carlo Cattaneo, che con la Fondazione Spadolini Nuova Antologia e il Centro di Ricerca on European Affairs ha formato il comitato promotore dell’iniziativa. Presenti anche l’ex console di Svizzera a Milano Marco CameroniAchille Crivelli ( Regio Insubrica ) e Adriano Cavadini (figura politica ticinese). Nel corso dell’evento l’Associazione Carlo Cattaneo ha presentato il suo Quaderno n. 80, intitolato “ Tra conservatorismo e liberalismo – Cultura, fede e politica nel Ticino moderno ( XVI-XIX secolo ) ”.

Ad aprire il convegno è stato Gabriele Meucci, ministro plenipotenziario e console generale d’ Italia, che come ospite ha voluto ricordare che il consolato, che nel 1943 era ancora Casa della cultura, divenne, dopo l’ abbandono delle autorità fasciste, la casa degli italiani che, esuli, si dedicarono anche alla nuova Europa.

Sono poi seguiti i saluti di Giancarlo Dillena, presidente dell’ Associazione Carlo Cattaneo, che ha evidenziato che questo convegno è “ Specialissimo ma di grande rilevanza, perché serve a rinsaldare i rapporti tra un Paese che è uno stato federale e un’ Europa che non lo è ancora ”, Cosimo Risi ( Fondazione Spadolini Nuova Antologia ) e Alberto Sciumè ( Centro di Ricerca on European Affairs ): è stato ricordato che il convegno unisce l’ attualità al dato storico. Perché il biennio a cui si guarda e in cui si radica il movimento federalista europeo è “ Drammaticamente critico ma pieno di opportunità. Un‘esperienza che accomuna un gruppo di politici che è capace di creare un metodo di lavoro che è stato trasfuso nella Costituzione italiana, come emerge anche nei lavori preparatori: una parte della Dc non voleva il Patto Atlantico. Ed è qui che si forma il binomio libertà-pluralità, a far dialogare le regole nazionali con quelle sovranazionali si deve usare questo principio ”.

Marino Viganò, che ha coordinato il dibattito, ha introdotto i temi storici ricordando che “ La seconda categoria dopo i civili e militari allo sbando è proprio quella dei federalisti, a partire dal 13 settembre 1943: tentano da subito di rendere operativo il loro progetto ”.  E ha ricordato il trattato Briand-Kellog del 1928 che, a seguito del trattato istitutivo della Società delle Nazioni del 1919 sanciva il principio che la guerra non può essere un mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Da quella data venne introdotto il concetto di disarmo. Il trattato venne sottoscritto da 163 Paesi tra cui Italia e Germania e fu posto a base del processo di Norimberga.

Nel primo intervento del convegno Francesca Pozzoli ha sviluppato il tema “ La federazione europea nel dibattito pubblico in Svizzera, 1934-1945: giornali, conferenze, case editrici. Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ha ricordato Pozzoli, si erano assunti l’incarico di stendere la parte internazionale del programma ed è per questo che arrivano in Svizzera, avendolo deciso già prima dell’8 settembre, per convocare un movimento internazionale di tutti i movimenti della resistenza. Già Kant sosteneva che per ottenere una pace perpetua era necessario che gli Stati cedessero una parte della loro sovranità a un organismo non centralizzato, una federazione basata sui principi della libertà e della tripartizione dei poteri e con una Corte di giustizia e una forza di polizia internazionale. E da poco era nato il primo stato federale: gli Usa. Che verrà preso a esempio dalla Svizzera, la cui confederazione nascerà 50 anni dopo ”. Proprio Carlo Cattaneo – ha raccontato Pozzoli – faceva riferimento al modello svizzero quando scrive Gli Stati Uniti d’Europa. E le due città simbolo erano Ginevra, che ospitava gran parte degli organismi internazionali ( dove si insedierà la Società delle Nazioni ): ma molti federalisti hanno preso a esempio negativo proprio la Società delle Nazioni. L’ altra città è Basilea, al confine tra Germania e Francia: nel 1934 vi viene creato il primo movimento federalista europeo ( su scala nazionale ), Europe Union, che svolge tra il 1934 e 1938 una politica nazionale forte. Ma con l’ Anschluss la Svizzera torna alla neutralità integrale e il Comitato centrale di Europe Union aderisce alla difesa spirituale e annulla l’ attività politica e rifiuterà il suo appoggio al Movimento federalista europeo quando vorrà organizzare il suo convegno, Anche i movimenti federalisti svizzeri di lingua francese ( come l’ Association Suisse pour la société des Nations ) negheranno il loro appoggio e il Movimento svolge clandestinamente la sua attività. La Federal Union britannica porta il suo influsso nel dibattito dopo l’invito in Svizzera nel 1939. I federalisti italiani capivano che la federazione europea era una necessità impellente proprio a causa della guerra. E alcuni giovani fondano il movimento Pour les états unis d’ Europe.
Il dibattito sulla federazione europea ha avuto spazio sulla stampa? Tutti i giornali ticinesi – ha detto Pozzoli – ne hanno trattato almeno una volta, ma alcune testate in particolare e alcune case editrici che avevano pubblicato scritti di federalisti svizzeri, tra cui Nuove edizioni di Capolago, che avevano pubblicato gli scritti dei federalisti italiani. Il dibattito sulla federazione europea è stato qui di molto presente in Svizzera e reso molto vivo dai federalisti britannici, tedeschi, francesi e, ultimi solo in ordine di tempo, italiani.

Sonia Castro ha dedicato il suo intervento al tema “ Dalla Società delle Nazioni alla federazione europea: europeismo e federalismo in Egidio Reale ”, evidenziando in primo luogo l’approccio storico-giuridico di Reale all’unità europea. “ La sua adesione al movimento federalista europeo – ha detto Castro – è al termine di un lungo percorso. I suoi riferimenti ideali erano la fedeltà al pensiero di Giuseppe Mazzini, Cattaneo, Romagnosi. Nel 1942 confluisce nel Partito d’Azione. Nel suo esilio svizzero ( 1927-1947 ) si dedica agli studi di diritto internazionale. Si sposta a Ginevra per stare più vicino alla Società delle Nazioni, che resta il suo riferimento nel periodo tra le due guerre, e quello della Resistenza, quando aderisce al Mfe ”. Reale voleva dimostrare – ha detto Castro – quanto l’ Italia stesse praticando un sabotaggio mascherato della Società delle Nazioni attraverso i suoi delegati. L’ esperienza storica, scrive Reale, dimostra come i regimi autoritari fossero dispotici all’interno e imperialisti all’ esterno, dimostrando la validità dell’ assunto di Kant e facendo da trait d’ union tra la politica della Società delle Nazioni e il federalismo europeo.
Reale individua i limiti della Società delle Nazioni in: unanimità per le decisioni, difficoltà di applicare le sanzioni, assenza di alcune grandi potenze ( come gli Usa ).
La necessità e l’urgenza di proteggere i numerosi profughi negli anni Trenta ( i russi già dagli anni Venti ) vedevano invece una  progressiva chiusura degli Stati, a fronte del ruolo che la Società delle Nazioni aveva assunto con il “ passaporto Nansen ”. Per Reale il trattato di Washington del 1871 inaugurò l’ epoca doro dei trattati internazionali e dell’applicazione del diritto internazionale nelle controversie tra gli Stati, con la creazione del primo tribunale arbitrale internazionale. Accanto a questo, ha spiegato Castro, Reale propugna un‘ armonizzazione delle normative statali a quelle internazionali e la creazione di un novo ordine internazionale in applicazione di una costituzione internazionale e un richiamo esplicito, nelle costituzioni nazionali, agli organismi internazionali come la Società delle Nazioni. Come aveva fatto la costituzione della seconda repubblica spagnola, che conteneva anche un esplicito rifiuto della guerra: “ Ma ancora prima della guerra tutti gli Stati dell’ Europa centrale orientale abbandonarono le loro costituzioni. Reale aiutò Rossi e Spinelli a creare i contatti necessari con gli altri movimenti europei. Ma l’attività dei federalisti italiani poté essere efficace in Ticino grazie agli antifascisti locali Canevascini, Rusca e Pellegrini. Le Nuove edizioni di Capolago editarono così due classici del federalismo: I problemi economici della federazione europea ( di Luigi Einaudi ) e Gli Stati Uniti d’Europa ( di Ernesto Rossi ) ”.

L’ultimo intervento, di Antonella Braga ( Fondazione E. Rossi – G. Salvemini ) ha parlato di “ Come costruire l’ Europa di domani: l’azione di Rossi, Spinelli, e dei federalisti italiani a Lugano ”: “ Spinelli, Rossi e Colorni avevano in comune il progetto della federazione europea con l’obiettivo di una democrazia sovranazionale ”.  Ciò che non si sa – ha spiegato Braga – che Spinelli non ha avuto un’illuminazione improvvisa a Ventotene nel   ma il Manifesto nasce sulla base di uno scritto di Rossi del 1937 alla madre, dove sono già presenti gli elementi fondamentali: “Per questa visione internazionalista nel 1943 vengono in Svizzera e iniziano le numerose adesioni, da Masini a Formiggini, da Luciano Boris a Giandomenico Sertoli, Giancarlo Pozzi… Ma ci sono anche sono le polemiche contro i federalisti, che non avevano un partito svizzero cui appoggiarsi, a differenza degli azionisti, alcuni dei quali mantenevano diffidenza ( manifestatasi già a Ventotene ) nei loro confronti ”.
In questo contesto Spinelli aveva sostenuto che bisognava dare dignità anche agli antifascisti tedeschi e che non si poteva colpevolizzare l’intero popolo tedesco. Uno degli ultimi gesti di Rossi, ha ricordato Braga, fu l’invio a tutti i rifugiati del manifesto federalista in occasione della Pasqua 1945 che però venne autorizzato solo nel marzo 1945, quando ormai i rifugiati erano tornati nei loro Paesi per partecipare alla fase finale della guerra. “ Vorrei lanciare un appello ai presenti – ha concluso Braga – l’ Europa di domani è ancora da realizzare ma oggi siamo a una svolta epocale del storia europea e quindi dobbiamo ricominciare a pensare alla federazione europea al di qua e al di là della Svizzera ”.

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Fonte: Achille Colombo Clerici